Castello Sforzini

di Castellar Ponzano

Guerra di Spagna, due italiani si portano sul fronte Pietro Nenni dall’esilio in Francia e Licio Gelli dal regno d’Italia. Parte prima Licio Gelli racconta

Licio Gelli aveva 17 anni quando volle andare a combattere in Spagna facendo carte false. Gelli, intervistato nel 2006 ci ha raccontato: “Con il nome di Livio Gommina parto il 10 novembre del 1936 come miliziano legionario per la Spagna. Avevo avuto tanti problemi a scuola, avendo litigato con gli insegnanti e un professore. Fui espulso da tutte le scuole e prima che mio padre – di professione mugnaio a Pistoia, lo venisse a sapere, dietro consiglio di un amico mi attribuiscono nome e una professione, il sarto, e partii per la Spagna dove già combatteva mio fratello Raffaello. Il 9 aprile 1938 lui muore in combattimento. Io mi distinguo in operazioni di guerra…
Mussolini come del resto Stalin si sfilano, in parte, da una guerra che tanto per l’Italia quanto per la Russia era “periferica” al grande gioco sul continente e lo scacchiere mondiale.
Alla fine del 1940 Gelli venne inviato a Cattaro in Montenegro. Il suo compito era l’organizzazione della politica fascista, il proselitismo, la politica agraria e industriale l’organizzazione dei littoriali. Così conosce Kurt Waldheim austriaco, poi presidente dell’Austria 1986-92. Conosceva bene l’italiano fungeva da agente di collegamento tra il Terzo Reich e l’Italia. Dice Gelli: “Ricordo che passava ore con una bionda lattaia di Cattaro, più che svolgere un ruolo attivo in quel momento delicato del conflitto. Ed io riuscii a giocargli una bella beffa quando, pur conoscendomi, ed essendomi io travestito da medico feci uscire dalla zona di occupazione diverse centinaia di lingotti d’oro del tesoro del re di Jugoslavia che siamo così riusciti a portare in Italia. I soldati italiani nella tradotta che andava verso Trieste risultavano appestati, in gravi condizioni, sotto i loro letti sul treno, partivano per la Banca d’Italia, a Roma, i lingotti d’oro. Tutti quei lingotti sono arrivati alla Banca d’Italia”.
Crollato il regime fascista c’è una parentesi, un cono d’ombra di un paio di anni nella sua vita. Arruolato forse, nelle SS Skanderbeg formata da albanesi filotedeschi? Di certo si sa che negli ultimi mesi di guerra è riuscito a contattare e sviluppare dei rapporti di amicizia e collaborazione con comunisti e partigiani italiani e jugoslavi, tutti sanno quanto Tito fosse legato all’ambiente dei Servizi Segreti inglesi. Secondo altri, fonte un agente francese, Gelli contatta i partigiani italiani e jugoslavi in Carinzia tramite un familiare legato a un partigiano italiano. Nel 1947 a Firenze dopo averlo riconosciuto come miliziano fascista un gruppo di persone vuole ucciderlo sulla pubblica piazza. Episodio riportato da uno scrittore francese Pierre de Villemarest nel libro “Le KGB au coeur du Vatican” nel 2006. Riesce rocambolescamente a salvarsi. Nel dopoguerra Gelli parte per l’Argentina, diventerà ministro plenipotenziario per la Cultura per il Presidente Juan Domingo Peron: “Ero e sono rimasto italiano anche da ministro argentino, mi occupavo di cultura in senso lato in quanto spesso scortavo i generali antiperonisti in udienza da Peron sulla mia auto privata, o sull’aereo personale, dopo aver tolto dalle loro tasche le pistole. Mi sono occupato anche della fuoriuscita della salma semi imbalsamata di Eva Peron che veniva insidiata anche fisicamente dai massimi esponenti dell’esercito argentino, del generale Leonardi, quello che fece cadere Peron. Il suo corpo arrivò al cimitero monumentale di Milano sotto falso nome e da lì poi andò poi a Madrid dove Peron stava per ritornare in Argentina. La stanza nuziale di Peron e della sua nuova sposa Isabelita era accanto alla stanza dove giaceva il corpo di Eva. Lopez Rega era il segretario autista di Peron, diventerà un ministro fidato di Isabelita quando lei salirà al potere. A Madrid lo “stregone” Lopez Rega si occupava di tenere accese le candele attorno al corpo di Eva per far si che l’anima della morta possedesse Isabelita e trasferendosi, portasse con sé le doti carismatiche della prima moglie ed anche i numeri correnti delle banche Svizzera dove aveva depositati i beni di varia provenienza, che giacevano così anonimi, senza che Peron li potesse utilizzare”.
Conclude Gelli: “voglio dire di non essere più interessato agli intrighi economici e politici. Anche come poeta e scrittore oggi posso dirle che l’inchiostro è finito. Questo è il titolo del mio ultimo libro di poesie, anche se ci sto già ripensando e ne preparo uno nuovo. E ho fatto realizzare un’opera sinfonica con libretto da me scritto, musica composta da grandi professionisti. Quello che mi piacerebbe fare oggi però, sarebbe di partire per l’India a conoscere l’arte alchemica di quelli che sanno trasformare la natura dell’oro e del mercurio. Oggi che ho 87 anni (nel 2006; Ndr) trovo questo più stimolante di manipolare le nature umane che, una volta raggiunta la mia età, come nel mio caso, appaiono tutte banali”.
Arrivavano quasi 20 anni fa, molte spedizioni di pacchi postali presso un Sindacato libero scrittori sito a Roma, da molti anni ormai, forse 15, non più produttivo di cultura. Erano libri dell’Archivio Gelli che arrivavano nella sede allora e, qualcuno diceva: “ma cosa gli ha preso che invia tutti questi volumi”. Sapeva che lì collaborava allora, l’ex direttore de l’Avanti, l’autore di questa memoria.

Raffaele Panico

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