Castello Sforzini

di Castellar Ponzano

Libri di viaggi del geografo Richard Hakluyt nell’Inghilterra di Shakespeare

Durante il Rinascimento, la geografia, a seguito dei viaggi di esplorazione e scoperta e delle migliorie introdotte nell’ambito delle tecniche di rilevamento cartografico, divenne una scienza. Un contributo notevolissimo al riguardo giunse dalla crescita e dall’affermazione dell’Impero marittimo inglese nella seconda metà del XVI secolo e segnatamente dai viaggi atlantici promossi dalla corona in epoca Tudor. Un grande protagonista di tale entusiasmante stagione storica – fatta di intrecci fra politica e religione, scienza ed esoterismo – fu il geografo, traduttore, scrittore e chierico inglese, di origine forse olandese, Richard Hakluyt (1530-1616), malnoto enciclopedista cinquecentesco, la cui levatura necessita di venire ora adeguatamente riscoperta, vista la sua importanza nel contesto – sia politico-accademico, sia scientifico-tecnico – dell’età rinascimentale, non solo in Inghilterra.

Proveniente da una famiglia trasferitasi dal Galles nell’Herefordshire, ad inizio Quattrocento, discendente di ricchi proprietari terrieri, ufficiali, pari e cancellieri del Regno, Hakluyt poté godere di una formazione di prim’ordine: frequentò infatti la Westminster School – dove si appassionò alla cosmografia, alle mappe geografiche ed agli studi teologici – e, nel 1570, entrò al Christ Church College della Cattedrale di Oxford, nella cui ricchissima biblioteca lesse tutti i resoconti di viaggio, i manoscritti medievali e i testi a stampa disponibili, riguardo ai viaggi di esplorazione e di scoperta geografica. Quattro anni più tardi, ottenne il Baccellierato ed a fine giugno del 1577 divenne Master of Arts presso la prestigiosa Università oxoniense, cominciando a tenervi lezioni di geografia. Fu tra i primi ad impiegare antiche mappe, confrontandole con carte geografiche moderne, più rigorose sul versante matematico e scientifico. Per la sua attività didattica, ostile a una cultura solo e unicamente libresca, Hakluyt utilizzò con frutto ed estesamente mappamondi e strumenti matematici. Allargare i confini del sapere, geografico e non solo, era la sua priorità. Lo attestano i corsi da lui tenuti, sino al 1586, a Oxford. In essi, egli illustrò una geografia, elevata a scienza, volta a delineare i contorni e i confini del mondo allora conosciuto, avvalendosi, altresì, della nuova e più aggiornata astronomia nautica (che a Nord della Manica era già precocemente copernicana e quindi eliocentrica).

Nel 1578, Hakluyt venne ordinato pastore della Chiesa anglicana, ricevendo anche una borsa di studio dalla corporazione dei tessitori, per studiare teologia, prolungata poi da William Cecil, il I Barone di Burghley, per consentire ad Hakluyt di portare avanti le proprie ricerche geografiche. Nel 1580, Hakluyt curò la pubblicazione di A Shorte and Briefe Narration of the Two Nauigations and Discoueries to the Northwest Partes Called Newe Fraunce. Si trattava della traduzione dell’opera dal titolo Bref Récit et Succincte Narration de la Navigation Faite en MDXXXV et MDXXXVI, nella quale il navigatore francese Jacques Cartier aveva descritto il suo secondo viaggio canadese (1535-1536). L’esemplare oggi conservato a Londra nel Fondo antico della British Library ci fa notare che la traduzione inglese del testo fu messa a punto a partire da una versione italiana di esso, curata dal controverso lessicografo e umanista rosa-crociano John Florio (1553-1625), il quale aveva lavorato sulla traduzione del geografo veneziano Giovanni Battista Ramusio (1485-1557).

Nel 1582, Hakluyt pubblicò una delle sue opere più meritorie, i Divers Voyages Touching the Discoverie of America and the Ilands Adjacent unto the Same, Made First of all by our Englishmen and Afterwards by the Frenchmen and Britons. L’immediato successo editoriale del libro e la fama che ne venne all’autore lo segnalarono alle attenzioni di Lord Howard of Effingham e di Sir Edward Stafford, del quale Hakluyt fu nominato cappellano e segretario. Quando Stafford venne designato, nel 1583, ambasciatore a Parigi, Hakluyt lo seguì alla corte francese, ove arrivò passando da Bristol, recando con sé le istruzioni di Sir Francis Walsingham. All’ambasciata di Parigi, infatti, quella del geografo e letterato inglese fu, a tutti gli effetti, una missione di vero e proprio spionaggio politico: egli doveva raccogliere informazioni sui movimenti delle marine spagnole e francesi soprattutto per quanto riguardava le scoperte geografiche, nel Nuovo Mondo, e ««making diligent Inquirie of such things as might yield any light unto our westerne discoverie in America». A Londra, era chiaro, del resto, che la partita per la supremazia europea si stava oramai spostando sui mari del mondo e, nello specifico, sulle rotte atlantiche. In ragione delle sue vastissime e famose conoscenze e competenze di carattere geo-cartografico, Hakluyt poteva, in effetti, rivelarsi una pedina utilissima da impiegare, contro i nemici di Madrid e Parigi. Nel corso del soggiorno in Francia, Hakluyt continuò comunque ad interessarsi ai resoconti di viaggi ed esplorazioni, raccogliendo carte e diari (sia manoscritti, sia a stampa). Il risultato di quelle indagini, condotte davvero a tappeto, e con acume, fu un testo – che era stato commissionato ad Hakluyt da Sir Walter Raleigh, il grande corsaro e poeta, tra i favoriti di Elisabetta I – intitolato A Particuler Discourse Concerninge the Greate Necessitie and Manifolde Commodyties That Are Like to Growe to This Realme of Englande by the Westerne Discoueries Lately Attempted, Written in the Yere 1584, andato presto perduto e ritrovato manoscritto solamente nel 1877. Un documento in cui non è difficile leggere riflessa in tralice quella politica della scienza (nautica) di cui la monarchia inglese iniziava in quegli anni a farsi convinta sostenitrice.

Terminata la missione diplomatica in terra francese, Hakluyt fece ritorno in patria nel 1584 e, a Londra, fu ricevuto dalla Regina, alla quale consegnò il suo rapporto ed insieme un suo commento latino alla Politica aristotelica. Hakluyt consigliava alla sovrana di insediare una colonia inglese, in aree allora disabitate, come quelle dell’America settentrionale, affidando la spedizione navale a Sir Raleigh. Tra il 1585 ed il 1586, Hakluyt si dedicò a rimettere ordine fra le proprie carte del periodo a Parigi, lavorando in particolare su traduzioni, lettere, prefazioni e saggi: materiali che solo in parte sono giunti sino a noi, il che complica non poco le cose per lo storico che ne deve tracciare la vita; i tratti biografici di Hakluyt, anche per questo, sono oggi talora incerti e tal altra poco delineati. Pure per questi motivi mito e leggenda finiscono per annidarsi dietro l’angolo della sua biografia, sia pur in misura minore rispetto a quella di altre figure dell’Inghilterra shakespeariana (Florio su tutte, per fare qui solo un esempio, illustre e discusso). Quanto poi ai rapporti intellettuali con gli accademici inglesi del secondo e tardo Cinquecento, la cosa è ancora tutta da investigare, anche se Hakluyt – di certo – dovette avere vari contatti con il gruppo shakespeariano della School of Night, il misterioso cenacolo ermetico-letterario riportato alla luce da Frances Amalia Yates, in occasione dei suoi studi su scienze occulte e tradizione cabbalistica nell’Inghilterra elisabettiana. Quale ruolo effettivo ebbe, in quelle cerchie, Hakluyt, è argomento ancora da precisare in dettaglio, con cura e attenzione. Se è vero che Hakluyt conobbe diversi membri della School of Night – Raleigh, Florio (amico di Bruno e traduttore di Montaigne), Shakespeare ed Harriot – non significa che fece parte del sodalizio e che ne frequentò le riunioni. Non abbiamo prove documentarie certe, in merito. Inoltre, si deve riflettere su un dato importante: Hakluyt non era particolarmente incline all’immaginazione poetico-letteraria e al misticismo che nutriva la weltanschauung magico-esoterica della Scuola della Notte, e restava, principalmente, un teologo devoto alla Chiesa di Inghilterra ed un uomo di scienza dalla concezione empirico-concreta e pratico-positiva. Aspetti da non sottovalutare, che concorrono a definirne sia la figura sia le attività e la produzione.

Hakluyt si interessò inoltre della pubblicazione del diario manoscritto del navigatore francese René de Laudonnière, la cui Histoire notable de la Florida fu stampata a Parigi nel 1586 ed ebbe un tale successo sul mercato librario da indurre Hakluyt a tradurla in inglese: a Londra apparve come A Notable Historie Containing Foure Voyages Made by Certayne French Captaynes unto Florida, nel 1587. Nello stesso anno, venne pubblicata a Parigi la sua edizione del De Orbe Nouo Decades Octo, dello storico Pietro Martire d’Anghiera (vissuto fra XV e XVI secolo). Tra le carte dell’opera si può trovare una mappa geografica, dedicata ad Hakluyt, da F(rancis) G(ualle), in cui compare il nome di Virginia per la prima volta. L’omonima colonia inglese d’oltremare sarebbe stata fondata solamente nel 1607, durante il regno di Giacomo I Stuart, ma i primi insediamenti al seguito di Raleigh furono stabiliti sulla scorta delle indicazioni di Hakluyt già a fine Cinquecento.

Vide la luce nel frattempo il capolavoro di Hakluyt, cioè The Principall Navigations, Voiages, Traffiques and Discoueries of the English Nation, stampato, una prima volta, nel 1589 e poi riedito, considerevolmente ampliato, tra il 1598 e il 1600. L’opera – il libro di una vita, davvero – traeva la propria ispirazione da molteplici fonti e da diversi autori, non solo inglesi, ma europei, precedenti e coevi. In un passaggio dell’Amleto, Shakespeare fece riferimento ad un navigatore, le cui avventure sono le stesse descritte proprio da Hakluyt. L’opera – che, nella sua terza stampa, includeva pure la traduzione inglese della versione italiana di Chartier – è, da molti interpreti, non a torto, considerata il capostipite della moderna letteratura di viaggio. Non si tratta tuttavia dell’unico primato, detenuto da Hakluyt, in quanto fu sempre lui a introdurre l’uso del mappamondo nello studio della geografia, nelle scuole ed università inglesi dell’epoca. Per Hakluyt, di fatti, il sapere geografico era qualcosa da riqualificare accademicamente e da innalzare di livello, facendolo crescere sul piano scientifico, a contatto coi nuovi strumenti e le nuove tecniche matematiche di rappresentazione cartografica del globo terracqueo, che andavano allora affinandosi specie nelle aree protestanti d’Europa.

Il testo delle Principall Navigations era dedicato dall’autore, come riporta il frontespizio, alla Regina e a Walsingham. Hakluyt aveva composto il grosso del libro, nel 1588, quando era rientrato in Inghilterra accompagnando Lady Stafford (reduce dal suo Grand Tour sul continente). Leggiamo nella Preface all’opera che non senza orgoglio Hakluyt annunciava di pubblicare, primo in Europa, il mappamondo inglese del costruttore e matematico Emery Molyneux, abile e dimenticata figura di artefice del Rinascimento, artigiano e fabbricante di strumenti scientifici che la storiografia avrebbe il dovere di riscoprire: uno di quei tecnici che molto avevano da dare alle scienze, geografiche nella presente situazione. Quando, nel 1599, comparve il volume secondo della nuova edizione ampliata delle Principall Navigations, la dedica era, questa volta, per Sir Robert Cecil, mecenate e patrono di arti e scienze, mentore di Hakluyt e suo punto di riferimento, a corte. Al ministro, l’autore rivolse – non a caso – un appello accorato circa rilievo e utilità di colonizzare la Virginia. Più in generale, le Principall Navigations erano un’opera veramente monumentale. Alcune copie superstiti di essa, in oltre, contengono una mappa divenuta poi rarissima, vale a dire la prima carta geografica, stampata in Inghilterra, facendo ricorso alla lossodromia – ossia, in stereometria (geometria solida), la spirale logaritmica che inviluppa i poli unendo due punti qualunque sulla superficie sferica terrestre – e alla proiezione cartografica di Mercatore secondo i principi matematico-scientifici stabiliti dal marinaio e uomo di scienza Edward Wright, autore di Certain Errors in Navigation (trattato del 1599, riedito in seguito ancora da Joseph Moxon a Londra nel 1657 e lettissimo lungo tutto il XVII secolo).

A chi si rivolgeva un libro come quello di Hakluyt? Primariamente a geografi, storici, eruditi, dotti, ma altresì ai navigatori (specie d’altura), abituati a confrontarsi quotidianamente con bussole e rotte da tracciare, con l’atmosfera e il livello del mare, sul nostro geoide, nonché con i problemi – di carattere astronomico – della navigazione marittima ed in generale terrestre e con quelli matematici, legati alla corretta determinazione di paralleli, equatore, meridiani, tramite curve logaritmiche. Se la lossodromia stessa venne organicamente e sistematicamente presentata al pubblico scientifico nella dissertazione in difesa delle carte nautiche del matematico portoghese Pedro Nunes (1537), sviluppi tra i maggiori di essa si ebbero in Inghilterra, durante l’ultimo decennio del XVI secolo, all’incirca a partire dal 1590, grazie ad Hakluyt e a Harriot (padre dell’atomismo moderno, sul suolo inglese). Fu così che la lossodromia si rivelò essere fondamentale per l’elaborazione di carte geografiche, e nello specifico nautiche, proiezione stereografica ampiamente usata dai geografi – figure intermedie fra i matematici ed astronomi da una parte e i tecnici e naviganti dall’altra – in Inghilterra, tra la fine del XVI secolo e la prima metà del XVII, non senza echi nei Paesi Bassi olandesi e austriaci.

Nella primavera del 1590 Hakluyt venne nominato – da Lady Stafford, contessa di Sheffield – canonico di Wetheringsett, nel Suffolk, dove si stabilì. Due anni dopo, egli curò la traduzione dello scritto del portoghese Antonio Galvao, The Discoveries of the World, una delle prime storie e delle esplorazioni e delle scoperte geografiche, compiute nel Nuovo Mondo. Sempre nel 1601, divenne uno dei membri consiglieri della Compagnia britannica delle Indie orientali, alla quale – forte di una preparazione, a quel tempo, con pochi eguali – Hakluyt diede mappe e notizie, carte e informazioni, per lo più provenienti dalla sua vastissima biblioteca privata. Gli ultimi anni della sua vita vennero contrassegnati da una mai sopita passione erudita e dall’assunzione di ulteriori nuovi incarichi. Alla fine del secolo XVI, divenne cappellano di Sir Robert Cecil, primogenito di Lord Burghley, patrono di imprese sui mari per conto della nazione inglese ed ammirato protettore dello stesso Hakluyt, che ne ebbe grande sostegno, nella sua attività di scrittore. A lui, Hakluyt dedicò il secondo (1599) ed il terzo tomo (1600) della edizione ampliata delle Principal Navigations, nonché la sua versione della storia di Galvão (1601). Cecil, che fu Segretario di Stato, sotto tanto Elisabetta I, quanto Giacomo I, fece Hakluyt prebendario della Abbazia di Westminster, all’inizio di maggio del 1604, carica nella quale il geografo inglese successe a Richard Webster, eletto arcidiacono l’anno seguente. Durante la primavera del 1604, Hakluyt svolse anche funzioni di cappellano presso il Savoy Hospital. Un’altra carica ottenuta grazie al patronage di di Cecil. Nelle carte dell’istituzione, Hakluyt viene chiamato Divinitatis Doctor. Il Savoy Hospital era, allora, una struttura sanitaria per poveri e bisognosi (il Re Enrico VII ne era stato il fondatore tra il 1512 e il 1520). L’impegno di cappellano presso l’ospedale londinese non distolse Hakluyt dalle sue ricerche: continuò a collezionare mappe, in collaborazione anche con John Norden di Westminster, portando altresì avanti il proprio lavoro, e di traduttore e di editore di testi altrui. Sino alla fine, incentivò la stampa di resoconti di viaggio, per l’avanzamento della cultura (il grande ideale baconiano), e per la gloria della nazione inglese (sui mari, e non solo): nella fattispecie, lo attraevano più di tutto le relazioni di viaggio inedite e rare, dedicate, soprattutto, alle esplorazioni di luoghi sconosciuti. Conoscere e cartografare il globo: fu questo, sino agli ultimi giorni, il sommo proposito di Hakluyt, sempre proteso a scoprire l’ignoto, e da quest’ultimo – come tanti altri viaggiatori, sulle acque del nostro pianeta – oltremodo affascinato.

Forse più ancora del contemporaneo John Dee – astrologo e medico, matematico ed occultista – e senz’altro in termini assai più scientifici e severi, Hakluyt seppe costruire materialmente il mito della potenza marittima britannica e della missione inglese, su mari ed oceani, giustificando il ruolo del suo Stato e legittimandone le aspirazioni egemoniche. Espertissimo in scienze geografiche ed in tecniche nautiche, in cartografia ed astronomia, Hakluyt fu tra i primi a capire – insieme alla corona della quale era al servizio – che la scena si stava spostando da un mare chiuso come il Mediterraneo agli spazi atlantici: sconfinati, come la potenza di Dio (era e rimaneva anche un finissimo teologo) e l’oceano della conoscenza umana (immagine di lì a breve baconiana). Coltivare in chiave scientifica la geografia rappresentava per Hakluyt studiare forma e dimensioni di quel mondo che per lui era il regno di Dio sulla Terra. La vocazione di fondo restava quella religiosa del teologo anglicano.

Davide Arecco

(Università degli Studi di Genova)

 

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